Ornella Pocetti è una giovane artista Argentina, coi suoi quadri che raffigurano solitamente donne, Ornella ci spalanca le porte su un mondo insolito, oscuro e talvolta irrequieto. Simboli ricorrenti e nuovi pervadono il suo lavoro, come se ci stesse abituando al macabro.
I “cuerpos feminizados” sono le protagonisti dell’opera di Ornella Pocetti, che ha preso spunto dalle amiche e dalla sorella, per raccontare la sua visione di giovane artista Argentina, consapevole del suo posto del mondo e di quello che ogni donna dovrebbero avere.
Potresti dirmi qualcosa sul tuo background?
Ho iniziato a dipingere fin da giovanissima. Ho studiato cinque anni all’UNA, l’università delle arti qui in Argentina e ho anche fatto diversi workshop. Oggi gestisco uno studio d’artista che ospita altri 30 artisti di varie discipline.
Mi piace molto il tuo lavoro. Potresti dirmi qualcosa delle donne presenti nei tuoi lavori? C’è sempre qualcosa di inaspettato e inquietante, da dove vengono quelle visioni?
La maggior parte del mio lavoro è incentrata su “feminididades” o “cuerpos feminizados”, che definirei in spagnolo. Molti di loro sono ispirati da mia sorella e dalle mie amiche.
Sono anche un grande fan dell’horror e della fantascienza, sia in letteratura che nei film, quindi una parte importante del mio lavoro è ispirata al macabro, al futuristico, al perturbante, che è il familiare che diventa sconosciuto.
Credi che per un artista sia utile affrontare le proprie paure?
Non ne sono sicura, non sono una persona molto timorosa, ma credo che l’atto stesso di dipingere sia un modo per sfidare la morte e la mortalità delle nostre stesse vite.
Mi spieghi le tue capacità tecniche? Mi riferisco anche ai tuoi video dove possiamo vederti letteralmente staccare tirare fuori il quadro dalla parete, come funziona?
Quella tecnica è un’esplorazione di dipinti senza tela, tessuto o qualsiasi supporto. Dipingo diversi strati di acrilico e pittura ad olio. Quando sono asciutti li stacco dalla superficie, di solito uso il vetro. Quando sono finiti puoi vedere entrambi i lati di un dipinto fatto interamente di vernice. Mi interessa mostrare entrambi i lati del dipinto, come inizia e come è finito, ed esplorarne i loro specifici lati.
Vedo questo pezzi come una sorta di pelle. In futuro mi piacerebbe provare a costruire con loro degli abiti o un tipo di guardaroba, e magari una performance che preveda lo spostamento di questo materiale.
Ne hai mai rotto uno?
Sì! molti di loro.
Penso che ci siano molti simboli nei tuoi lavori. Potresti per favore parlarne?
Mi piace il simbolismo e penso che si manifesti nel mio lavoro. Mi piace nascondere i segni, le tracce, di alcuni dei miei dipinti in altri dipinti. A volte immagino di creare i miei simboli, copiando ad esempio un pezzo di ceramica in un dipinto o vicervesa.
Uso molto anche il concetto di myse en abysme (N.d.R. La tecnica nella quale un’immagine contiene una piccola copia di se stessa). La mia ispirazione viene anche dalla storia dell’arte, quindi a volte ho considerato la mia pittura come un omaggio ad essa.
Uova, gocce di fuoco potresti spiegarmele?
Credo che alcuni elementi emergano come tracce di una civiltà inventata che lo spettatore deve mettere insieme per intravederla o per capirne qualcosa. Non mi piace spiegarlo, specialmente con le parole. Di solito questi simboli diventano strani anche per me.
La natura è spesso presente nei tuoi quadri. Qual è il tuo rapporto con lei?
Ho sempre vissuto in città, quindi uso la natura come scenografia immaginaria per creare storie o scene. Penso ai boschi come a un concetto archetipico per creare un clima inquietante o ultraterreno.
Finalmente c’è un gruppo numeroso di artiste e fotografe, che vengono osservate. Come ti senti a farne parte?
Penso che dovremmo approfittare di questo momento in cui le artiste vengono valorizzate, lo vedo anche in altri ambiti come il cinema e la letteratura. Nella mia prospettiva credo che dovremmo prosperare per rendere le donne, le storie, le idee e le immagini di donne queer, non binarie, trans, universali come gli uomini etero cis sono, ed erano, nel corso della storia.
Tu crei anche in ceramica, quali strumenti pensi esprimano di più il tuo punto di vista?
Tutti e due! Mi considero più un pittore perché dipingo da sempre. Ma negli ultimi anni ho acquistato un maggiore dimestichezza con la ceramica, quindi sono davvero entusiasta di creare nuovi pezzi in ceramica.
Com’è essere un artista a Buenos Aires?
Grande! La scena artistica qui è molto ricca e diversificata, ho molti amici artisti, anche se il mercato dell’arte non è così grande, ma cerchiamo di gestire e vivere di arte.
Cosa ti piace di più della tua città?
Che c’è sempre qualcosa di eccitante da fare, abbiamo spettacoli e mostre tutto il tempo.
Avremo mai la possibilità di vedere alcuni dei tuoi fantastici lavori qui dal vivo in Italia?
Lo spero davvero! Non ho mai mostrato in Italia prima. Mia nonna e mio nonno sono nati lì, quindi ho un legame speciale con il paese. A settembre ho una mostra nella galleria con cui sto attualmente lavorando in Argentina. Si chiama Fundacion El mirador e la mostra è con una pittrice che mi piace molto, Amanda Tejo Viviani.
Cosa farai quest’estate?
Bella domanda! Non ne ho idea, con la situazione pandemica ho lasciato andare il tentativo di controllare qualsiasi cosa, quindi il tempo lo dirà.